TANGO, CANZONE DI BUENOS AIRES

1 - Ibridazione

   I milioni di emigranti che si precipitarono in questo paese in meno di cento anni, [*] non solo generarono quei due attributi del nuovo argentino che sono il risentimento e la tristezza, ma inoltre prepararono l'avvento del fenomeno più originale del Plata: il tango.
   Questo ballo è stato successivamente disapprovato, elogiato, satirizzato e analizzato.
   Però Enrique Santos Discépolo, suo massimo creatore, dà quella che credo essere la più profonda ed esatta definizione: "È un pensiero triste che si balla".
    Carlos Ibarguren afferma che il tango non è argentino, che è semplicemente un prodotto ibrido della periferia cittadina. Questa affermazione non definisce correttamente il tango, però definisce bene Carlos Ibarguren. È chiaro: fu talmente doloroso per il gringo sopportare il rancore del criollo, quanto per costui vedere la propria patria invasa da gente straniera, saccheggiando il suo territorio e spesso facendo ciò che André Gide dice che la gente faccia negli alberghi: pulirsi le scarpe con le tende. Però i sentimenti genuini non sono una garanzia di ragionamenti genuini, ma più facilmente un motivo di quarantena; un marito ingannato non è la persona più adatta a giudicare i meriti dell'amante di sua moglie. Quando Ibarguren sostiene che il tango non è argentino ma solo un mero risultato di incroci, sta dicendo una considerevole parte di verità, però sta deformando il resto con la (giustificata) passione che lo turba. Perché se è certo che il tango sia un prodotto di ibridazione, è falso che non sia argentino; giacché, nel bene e nel male, non ci sono popoli platonicamente puri e l'Argentina di oggi è il risultato (molte volte calamitoso, questo è vero) di successive invasioni, incominciando da quella che portò a termine la famiglia stessa di Carlos Ibarguren, a cui senza dubbio, i Calfucurá [*] devono guardare come a un intruso, e le opinioni del quale si dovrebbero considerare come tipiche di un pampeano improvvisato.
    Negare l'argentinità del tango è un atto tanto pateticamente suicida quanto negare l'esistenza di Buenos Aires. La tesi autistica di ibarguren cancellerebbe di conseguenza il porto della nostra capitale, i suoi grattacieli, l'industria nazionale, i suoi tori di razza, il suo dominio cerealicolo. Tantomeno ci sarebbe il governo, giacché i nostri presidenti e governatori hanno l'inclinazione a essere semplici figli di italiani o spagnoli, o tanto ibridi quanto il proprio tango. Però che dico: neanche il nazionalismo sopporterebbe l'ecatombe, dato che dovrebbe sacrificare gli Scalabrini e i Mosconi.
    Forse risulta doloroso che la storia sia, come dice W. James, sempre piena di novità e pertanto invariabilmente confusa e incline alla mescolanza. Ma questo è ciò che la rende tanto appassionante. L'identità con se stessi è da trovare nella logica o nella matematica: nessuno può chiedere alla storia un prodotto tanto puro (e anche tanto noioso) quanto un cono o un sinusoide.
    Oltre ad essere inevitabile, l'ibridazione è sempre feconda: basterebbe pensare al gotico e alla musica negra degli Stati Uniti. In quanto alla letteratura del Plata, che tanti criticano come estensione in un certo senso dei temi e delle tecniche europee, è un altro fenomeno di ibridazione; poiché, a meno di esigere che scriviamo in querandì e descriviamo la caccia dello struzzo, non vedo come coerentemente si possa parlare di una purezza nazionale. Pensare che una letteratura nazionale sia solo quella che si occupa di indios e gauchos, è abbracciare insensatamente l'apocalisse ibarguriana. Neppure quei dei dell'olimpo greco, che alcuni professori considerano il paradigma della purezza, possono mostrare una genealogia impeccabilmente indigena.

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[* A Buenos Aires nel 1836, vi erano 62.000 abitanti e, nel 1880, si raggiunse la cifra di 313.000 persone. - Dal 1864 al 1914, grazie all'immigrazione, la città moltiplicò per 8 il numero della sua popolazione, con grandi cambiamenti nella sua fisionomia urbanistica. Più di 2 milioni di immigrati in 50 anni. In un secolo, dal 1876 al 1976, 24 milioni di emigranti hanno lasciato l'Italia, e di questi 3 milioni hanno trovato casa in Argentina.]

[ * Cacicco (cacique): capo tribale della popolazione amerinda originaria del sudamerica (mapuches o araucanos) ]