ANTOLOGIA DI INFORMAZIONI E OPINIONI SUL TANGO E IL SUO MONDO

realizzata da T.Di Paula, Noemi Lagos, Tulio Pizzini, sotto la direzione di Ernesto Sabato

 

Introduzione - Diatribe, elogi e caratterizzazioni

   Nel corso della sua gestazione, sviluppo e maturazione, il tango ha sviluppato un'ampia e compatta letteratura. Scrittori di tutte le tendenze, di tutti gli ambienti sociali, di tutte le latitudini, trovarono nella nostra musica un pretesto per la riflessione sociologica o per il saggio filosofico.

   Per Philip Guedalla, ad esempio: "…Buenos Aires possiede una voce che [tutti] possono trovare se prestano orecchio attento. In una galleria situata sopra a quella lugubre pista da ballo, i violini di un'orchestra incomparabile marcano il tempo al lento ritmo musicale; una melodia strana si sgonfia nel bisbiglio palpitante degli strumenti a corda; e sopra la musica una voce profonda modula il suo lamento. Aver sentito Por que? nel Ta-ba-ris significa essere avanzati nell'apprendimento del tango…"
    E aggiunge:
"…tale è la voce di Buenos Aires; ed è una sventura per il mondo che rare volte sia udita fuori da Buenos Aires…"
    Perché
"…quasi tutto quello che l'Europa conosce di esso è lo stile languido che galleggiava nell'aria del tango all'ora del tè nei giorni lontani prima della guerra, un'aria vacillante nella quale dame con grandi cappelli di piume potevano dondolarsi compostamente con corteggiatori in vestito da giorno. Però il tango contemporaneo si muove con passo più elegante; l'acuta precisione del suo ritmo taglia come un coltello; e, nel limite di questo esatto principio, una melodia ossessionante marcia senza vacillare dal dramma repentino del suo ritmo iniziale alla sfida della sua nota finale. Questo è il tango che si può udire a Buenos Aires - cantato, ballato o suonato - e sarà sufficiente per conoscere la voce di una grande città…"
    Nelle sue Meditaciones suramericanas, Waldo Frank si esprime così: "… Tutta la vastità e la melanconia e tutta la passione senza sponde e incapace di soluzione dell'Argentina, si riversarono subito … nel ballo nazionale dell'argentino odierno … che nacque in periferie equivoche…"
    Tale trasformazione, il cambio che si realizza nel tango nel convertirsi in musica nazionale malgrado la sua oscura origine, suggerì a Frank un parallelo con
"lo spirito inglese che trasformò creativamente il primitivo linguaggio germano-romanico in un idioma originale convincente".
    Poi aggiunge:
"Eseguito propriamente, il tango non esprime passione in libertà ma in sospensione, come le acque del Plata portano al mare in sospensione la sabbia rossa. Ciò a cui più assomiglia il tango è il minuetto, solo che questa è l'espressione di una melanconia autunnale e quella di una malinconia di primavera…"
    In un altro libro ha insistito sul tema con queste parole:
" … a volte è la danza popolare più profonda del mondo…è un'espressione estetica e popolare del sentimento tragico della vita…è l'unica forza reale, l'unica vittoria umana possibile sulla tristezza… E il popolo che nei suoi costumi popolari e triviali di ogni giorno ha creato questa profonda espressione, è un popolo che ha un destino…"
    Da parte sua, Federico M. Quintana sostiene che il tango
"[nato sulle sponde del Plata] rappresentava l'insoddisfazione e le aspirazioni dell'uomo medio, la cui virile alterigia seppe interpretare. Ma non si fermò lì. Il tango possedeva una forza suggestiva e una cadenza contagiosa che gli aprì un cammino facile. Passò dalla sua culla al centro della città…"
    Come uno stato d'animo del lupanare, delle sue oscurità e delle tristi arroganze, vede il tango Marcelino del Mazo:
" …Ed era l'anima di quel tango che ballava La Piadosa, guancia a guancia col suo padrone nella sala rumorosa, - al ritmo della danza, angustia e passione fuse assieme - comunione della fierezza ancestrale con il richiamo della femmina, che non sa né di amore né di peccato, che però incomincia a essere madre sotto le bocche unite…"
    Florencio Escardò sostiene che:
" Il tango è la canzone folclorica della città in quanto espressione, in maniera involontaria ma ben significativa, di qualcosa di profondo, trascendentale e permanente dell'anima della città stessa. … Il tango - quello vero a cui ci riferiamo - è una canzone senza possibilità di irradiazione espressiva, senza azione magnetica sulla folla, ma sull'individuo, è una canzone introversa. Appena suona, il porteño se ne va con essa al seno del proprio isolamento, all'accentuazione della sua solitudine, si ferma in confidenza con la sua sentimentalità abissale; gli sarebbe molto difficile spiegare ciò che sente però non dubita che si capisca meglio quando gli si insinua dentro un tango. … passato il ritmo della canzone che gli ha fatto toccare religiosamente il suo più profondo io sentimentale, torna ad essere com'è, senza pena e senza passione…"
    E, concordando con altri autori, aggiunge:
"Il tango è espressione di Buenos Aires perché nasce, si canta e si sente in essa, ma non è né simbolo né essenza di Buenos Aires" sebbene la città abbia "comunque nel tango una storia molto sua, le cui note incendiano, a dispetto di tutti i dispiaceri, la nostalgia più profonda quando si è lontani da essa e l'espressione più unitaria quando si sta in essa…"
    José Portogalo stabilisce tale identità tra l'uomo di Buenos Aires e il tango nella seguente strofa:

A.B.C de mi alegría,                      ABC della mia allegria,
inicial de mi esperanza,
               iniziale della mia speranza,
el tango me dio en la danza
          il tango mi donò nella danza
lo mejor de mi poesía;
                  il meglio della mia poesia;
con él silbado en un dia
               fischiettando in un giorno
de aglutinada efusión,
                  di agglutinata effusione,
condicioné el corazón
                  condizionai il cuore
junto al pueblo que lo escucha,
   insieme alla gente che lo ascolta,
baila y silba, cuando es mucha
   lo balla e lo fischietta, quando è forte
la carga de mi aflición
                  il carico della mia afflizione

[ Dal libro di poesie Los Pajaros Ciegos, di José Portogalo, (Giuseppe Anania, Italia 1904 - Buenos Aires 1973) ]

   Alfonsina Storni ammette che
"… se il tango non ha gerarchia artistica di peso, nel triangolo sudamericano che va dalla linea tracciata attraverso le alture di Misiones fino alla Terra del Fuoco, è un fermento razziale che già ha incontrato una precisa definizione…"
    Fernán Silva Valdés ha toccato l'argomento con questi versi:

Tango:                                                                             Tango:
por entre la cadencia de tu musica queda
                attraverso la cadenza della tua musica tranquilla
yo palpo la dureza viva del arrabal,
                            sento la durezza viva della periferia,
como por entre una vaina de seda
                             come attraverso una guaina di seta
la hoja de un puñal.
                                                       la lama di un pugnale.
Tango milongón,
                                                           tango milongón,
Tango compadrón,
                                                       tango compadrón,
Que a pesar de bailarse con todas las ganas
          che nonostante si balli con tutta la voglia
se baila como sin ganas
                                              si balla come senza voglia,
como en carriles de lentitud;
                                        come sulle corsie lente;
eres un estado de alma de la multitud.
                       sei uno stato d'animo della moltitudine.

[ Dalla poesia El Tango di Fernán Silva Valdés, Montevideo, 1887 - 1975, poeta compositore e drammaturgo ]

   Last Reason [*] interpreta il
"…gotán [come] la musica della gente, il lento lamento delle bocche che non sanno gemere, che però brontolano i loro dolori al suono dell'organetto. Il gotán! L'allegria che urla e si dilata in risate che odorano di alcol e vanno diluendosi nella smorfia di un sorriso crudele, marchiato a fuoco nelle labbra piegate in un ghigno selvatico e rissoso… Gotán! Tu sei la voce, il grido, il singhiozzo della gente che non sa ridere se non quando è sbronza!…"

   Nell'opinione di Carlos Vega [*]
"… il disdegno per la considerazione e lo studio del tango porteño risulta da una completa mancanza di senso storico …[visto che il tango non è altro che] un prodotto della vitalità porteña delle ultime decadi…"
   Per Rodolfo Kusch
"…un tango goffo (come la confusione, l'insulto furtivo di un autista, la donna che passa con un mistero di veli e occhiate, il sole di una domenica, etc.) appende alla città le occhiaie del suo viavai nella finzione. Si sospetta, allora che anche la città dimentichi…"
    Uno dei personaggi di Nacha Regules di Manuel Gálvez
"… incontrava nel cabaret e nei tanghi, senza sapere perché, la stessa profonda tristezza che si portava nell'anima…"
    Su un altro piano, anche Horacio Arturo Ferrer [*] segnala questa identità tra il rioplatense e il tango, tra la città e il tango:
" Il tango non ha smesso di menzionarci. Continuiamo ad alimentare la sua mantenuta promessa di musica popolare - oggi evoluta e piena di possibilità - ed esso continua ad alludere alla nostra vita. … Il tango è un fatto, una verità, un fenomeno di manifestazione collettiva, un dialetto musicale di esteriorizzazione popolare."
    E Daniel Vidart afferma.
" Il tango esiste e possiede un profondo attecchimento nelle masse urbane e provinciali. È la musica popolare dei nostri villaggi e città. È la danza rappresentativa del Rio de la Plata. È parte integrante della cultura regionale come i racconti di Quiroga, i Tristes di Fabini [*], la pittura portuale di Quinquela Martin…"
"Il tango - scrisse Pablo Palant - è la passione musicale della metà del paese e il disprezzo dell'altra metà"

    Per Raúl Scalabrini Ortiz il fenomeno del tango si comprende solo in relazione al popolo:
"Il popolo è volenteroso. Ebbe bisogno di ballare il tango e cantarlo e ne fece una musica internazionale a dispetto dell'opposizione della stampa che parlò di musica canaglia"
    Bruce Marshal ha definito il tango come "…una soave ondulazione messa in musica…"
    mentre Lázaro Liacho gli riconosce altri valori: " La dura corsa di iniziazione del tango si deve al fatto che nacque in un "habitat" di miseria: fu un ballo di gente povera che accrebbe la sua capacità sottomettendosi a una regola con variazioni, nonostante questa regola riguardi solo i piedi. Ballo di affermazione individuale, ballo di forza mascolina, immagine dell'uomo sulla difensiva."
    Da parte sua Carlos Ibarguren nega argentinità al tango:
"…un prodotto illegittimo che non ha la fragranza silvestre e la grazia naturale della terra, ma il taglio sensuale della periferia; che ha percorso tutto il mondo, deliziando la clientela variopinta degli hotel europei e dei locali delle grandi capitali; a cui il mondo ha dato patente di argentino, assegnandogli una provenienza che in realtà non possiede. Il tango non è propriamente argentino; è un prodotto ibrido o meticcio nato nei sobborghi e consistente in un misto di habanera tropicale e di milonga falsificata."
    Condividendo un'opinione tanto sfavorevole, Manuel Galvéz afferma
"… la necessità di un contro-tango nel paese…"
    Però Gómez Carrillo si domanda e domanda: " Dove sta il peccato, dove sta la perversità, dove sta la lascivia di questo ballo?"
    Tra quelli che rispondono indirettamente alla domanda figura André Gilde. Egli assicura: " Questa musica del tango non onora."
    Tallon osservava, senza dubbio, che " …il tango ballato ai nostri giorni dalle famiglie, non è figlio del trafficante né del postribolo, ma del popolo proletario…"
    Miguel D. Etchebarne intende: "La malizia del tango si originò nel suo trapianto, si è fatto procace e sensuale nel cabaret…"
    E Lázaro Liacho afferma: "La regolarità intrinseca del tango indica la spensieratezza sensuale dell'uomo che lo balla."
    Tulio Carella assume la difesa del tango con queste parole: "Il tabù del sesso ricadde sul tango, come se in ultima istanza, il sesso fosse qualcosa di insolito e non cosa di tutti i giorni o di tutte le notti."
    La relazione tra sesso e tango sembra sintetizzata nella seguente frase: "L'uomo è il creatore del ballo del tango perché lo genera sul corpo della donna…"
    José Sebastian Tallon propone un'immagine dei compadritos e del tango, dove il problema del sesso acquista un'altra dimensione: "…Imitarono [i compadritos] la moda dei ricchi e si vestirono e agghindarono con un narcisismo esagerato degno di una donna, evidentemente ambiguo; presero il tango e lo trascinarono ad essere strumento sensuale osceno. L'andatura criolla del camminare, che ebbe origine nei tacchi alti, essi la tradussero in modo effettato se non effeminato. E nella stessa maniera, alla coreografia del tango diedero uno stile proprio di esagerazioni erotiche…"
    Il tango ha dato argomenti ad altri tipi di interpretazioni che riguardano il carattere del porteño, la sua allegria o la sua tristezza. Nelson Polo sostiene:
"L'argentino è dotato di grande sense of humor, ereditato a volte dal permanente contatto con gli inglesi. Gli piace burlarsi elegantemente di qualsiasi cosa."
    E Scalabrini Ortiz commenta: "La celia è la sostituzione dell'ironia. L'uomo è rispettoso del suo interlocutore. L'insolenza non è nel suo carattere. Prendere in giro è indurre l'altro a uno spiacevole equivoco. Burlarsi senza insolenza. Burlarsi ma non dietro le spalle. L'uomo preferisce litigare. La derisione si ottiene solamente in complicità burlesca con la vittima o quando la si odia,"
    Un'altra opinione sul tema viene suggerita da Macedonio Fernadéz: " Gli argentini avranno smesso di vivere e meramente esisteranno, solo quando avranno smesso di canzonare. Parlo della celia da gran signore, ossia di quella che fa felice il canzonato, quella in cui il gran signore si diletta ampiamente di veder felice uno sciocco adulando la sua esorbitante autostima. Il caso tipico, la cui grazia squisita fa riflettere con pena che una tale preziosa virtù della celia possa perdersi, sarebbe per me quella del nostro proprietario terriero che aveva convinto il contadino francese di non riuscire a trovare la maniera per caricare la campanella della sveglia, il che dava tanto piacere allo straniero da ricompensarlo del fastidio di passare tutte le sere a preparare l'orologio per il padrone."
    Inoltre scrive: "Se ne va a Parigi, va alla Conferenza per sorridere di quelli che credono che vada ad ammirarli. Senza re del palcoscenico, senza tenori che si arrampicano su scale di seta, senza finali d'opera interminabili di Verdi e senza conferenzieri appena sbarcati e sapientoni del nostro paese, la celia potrebbe estinguersi o inaridirsi per mancanza di grandi occasioni pagliaccesche, ma corre anche il pericolo peggiore per eccesso: quello di degenerare senza speranza di rinascita."
    Curiosamente, mentre osservatori stranieri e locali commentano una predisposizione del porteño a ridere e far ridere, non si è smesso di sottolineare la tristezza argentina o la tristezza porteña il cui più vasto esponente pare essere il tango. Carella non condivide questa opinione: " Siamo seri, formali, diplomatici. Siamo un po' malati di convenzionalismo ed etichetta. Sentiamo timore davanti alla possibilità del ridicolo: timore che ci inibisce perché vediamo il ridicolo negli altri. Però dal timore al ridicolo ci sono molti tanghi da suonare."
    Scalabrini Ortiz si chiede: " Chi ha detto che i popoli allegri sono più felici? L'allegria non è sinonimo di felicità né di benessere. È al contrario una valvola di scarico."
    Da parte sua Escardó scrive: "Il tango è senza dubbio triste e mogio; però al porteño piace essere triste e sentirsi mogio."
    Carella evidenzia il problema immigratorio: " Nell'accettazione - come nella creazione - del tango, è impossibile non includere gli immigranti. Non è audace affermare che in definitiva emerge da due psicologie - spagnola e italiana - riconformate nella nostalgia."
    Gómez de la Serna sostiene: "In realtà l'argentino è di nascita l'uomo fatto per prendere le cose meno sul serio di chiunque altro e sono gli importatori quelli che gli hanno attribuito tale falso costume di prendere tutto troppo sul serio. Gravità e profonda ironia sono i doni dell'uomo di qua, fermo nella cornice della porta di casa sua di fronte alla pampa."
    Bernardo Canal Feijóo suppone che "una cosa è la tristezza e un'altra è la gravità criolla, attitudine questa molto diversa e che per niente si oppone all'umorismo."
    Marcos Victoria da parte sua spiega: " Né nell'arte popolare né nell'arte istruita, né nell'arte plastica, né nella lirica, si trova questo predominio del tono depressivo dell'animo che alcuni stranieri affrettati e alcuni argentini suggestionabili hanno denunciato nell'estetica di qua. Qualsiasi pateticità possiede tra di noi l'istantaneo antidoto dell'ironia."
    E poi aggiunge: "Il migliore argomento contro la pretesa tristezza criolla - e già siamo al limite della letteratura - è il testo umoristico dei tanghi satirici, sempre più frequenti, dei tangones, delle allegre polche; senza dimenticarci delle leggende delle auto di Buenos Aires, tesoro dell'epigrafia popolare, vetta dell'umorismo."
Al contrario Macedonio Fernandéz sosteneva: "I porteños sono un popolo di mercanti e romanticoni."
    Carella ha proposto un'uscita più equilibrata dal problema della tristezza, del risentimento, del fenomeno immigratorio, dicendo:
" Non tutti gli immigrati falliscono, né ogni fallito è un risentito, né tutti i risentiti scrivono tanghi…"

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[* Il vesre è una maniera di formare le parole invertendo l'ordine delle sillabe (es.. reves > vesre, tango > gotan) usato in sudamerica, divenne popolare nell'ambiente del tango all'inizio del XX secolo ]

[* Horacio Ferrer (Montevideo, 6 febbraio 1933 – Buenos Aires, 21 dicembre 2014[1]) è stato un poeta, paroliere e drammaturgo uruguaiano.]

[* Last Reason, pseudonimo di Máximo Sáenz, scrittore e giornalista uruguayano molto popolare in Argentina e Uruguay negli anni 20 ]

[* Tulio Carella ( Buenos Aires, 1912 -1979 ) drammaturgo, giornalista, scrittore e poeta argentino.]

[* José Sebastián Tallón (1904-1954), poeta, scrittore, pugile argentino]

[ * F. Eduardo Fabini (1882-1950) Violinista e compositore urguayano ]

[* Carlos Vega (Cañuelas, provincia de Buenos Aires, 14 de abril de 1898 - Buenos Aires, 10 de febrero de 1966) fue un musicólogo, compositor y poeta argentino, considerado el padre de la musicología argentina.]